lunedì 7 aprile 2008

POLITICHE FISCALI A CONFRONTO E RIFORMA DELLE LIBERE PROFESSIONI: 10 DOMANDE PER CAPIRE: Intervista a Gianfranco Barbieri

POLITICHE FISCALI A CONFRONTO E RIFORMA DELLE LIBERE PROFESSIONI: 10 DOMANDE PER CAPIRE
intervista a Gianfranco Barbieri

Presidente di ACEF Associazione Culturale Economia e Finanza,
Dottore Commercialista in Bologna

di Alessandro Mattioli

L’evento organizzato da ACEF ha mirato a riproporre a livello locale “le dieci domande alla politica” contenute nel manifesto politico realizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sulle quali si sono confrontati Renato Brunetta (PDL) e Stefano Fassina (PD). Perché questa iniziativa?
In primo luogo perché il CNDCEC ha realizzato un documento ben fatto e quindi abbiamo ritenuto doveroso prenderlo come spunto per un dibattito “tra bolognesi”. Pur muovendo dalle medesime considerazioni, la progettazione della nostra iniziativa è stata in parte diversa, perché ACEF ha cercato di proporre un confronto con taglio pluralista, coinvolgendo oltre a PDL e PD anche UDC, La Destra e La Sinistra Arcobaleno, con i rispettivi esponenti locali. Siamo soddisfatti del progetto perché crediamo che per riavvicinare la politica ai cittadini sia indispensabile ricostruire quel contatto umano che con il dibattito televisivo si è perso.

Cosa qualifica le libere professioni, e in particolare i dottori commercialisti, nel terzo millennio?
Siamo un esercito di lavoratori della conoscenza, in crescita costante, e potremmo rappresentare uno strumento formidabile per rilanciare la crescita dell’Italia. In particolare, più di altre libere professioni, i dottori commercialisti sono in grado di fare da ponte tra il mondo produttivo e le esigenze delle istituzioni e viceversa.

Nell’economia globale c’è ancora posto per le libere professioni?
Recentemente ho partecipato ad un forum internazionale delle professioni liberali, tenutosi qui a Bologna, al quale è intervenuto anche il Presidente CNDCEC dott. Claudio Siciliotti, che ha sostenuto una tesi, condivisibile, secondo cui la nostra libertà è data dalla conoscenza. È libero chi sa, anche più di chi ha. Oggi viviamo in una situazione globale caratterizzata da un mondo a tre velocità: un primo mondo dove si producono i beni, un secondo mondo dove si producono beni, fabbriche e quant’altro, e un terzo mondo dove si produce manodopera sottocosto in cambio della sudditanza politica. Per stare nel primo abbiamo bisogno di capacità intellettuali e conoscenze tecnico scientifiche, e su questo mondo saremo sempre imbattibili e riusciremo a competere. Pur non rappresentando la totalità di questo mondo, le professioni liberali ne sono una componente importante, presupposto sostanziale di libertà e di sviluppo.

Esistono spunti per prossime riforme fiscali?

I liberi professionisti chiedono nuovi strumenti per essere più competitivi sul mercato. Ormai gli studi professionali si stanno avviando ad assumere dimensioni tali per cui è indispensabile rivedere il meccanismo o quanto meno l’aliquota della ritenuta a titolo di acconto sui compensi percepiti. Con un 50% di costi di struttura la ritenuta del 20% significa accumulare sistematicamente crediti verso l’Erario.
Serve un modello societario pensato appositamente per le organizzazioni professionali, dove il capitale intellettuale prevale e caratterizza in modo determinante lo Studio.
Serve la rivisitazione degli studi di settore e più in generale, nell’interesse del Paese, serve un nuovo patto sociale tra Fisco e contribuenti. Oggi il cittadino si sente vessato tanto dalla complessità del sistema quanto dalla sua instabilità. Per questo auspichiamo che qualunque forza vinca, assuma l’impegno a mantenere stabili le basi imponibili ed effettuare una chiara politica fiscale solo intervenendo sulle aliquote.
Il clima di sospetto e la continua introduzione di nuove presunzioni, che lasciano a carico del contribuente la prova della correttezza del proprio comportamento, non aiuta di certo a risollevare il Paese. È giusto che l’Agenzia delle Entrate si doti degli strumenti più efficaci per contrastare l’evasione fiscale, ma il potenziamento delle tecniche di controllo deve andare di pari passo con l’abbandono progressivo delle tecniche presuntive. Diversamente si crea una palese ingiustizia sociale.

Cosa consiglierebbe ad un giovane che si avvicina oggi alla professione di dottore commercialista?
Credo che la chiave per entrare con successo nel mercato della conoscenza sia acquisire competenze caratteristiche in grado di rendere unica la propria offerta di servizi. Di pari passo alla competenza tecnica vanno sviluppate fortissime competenze relazionali, per far sapere “cosa si sa” ai propri interlocutori. Indispensabile infine è la competenza organizzativa, perché il modello di professionista “autarchico” è definitivamente al tramonto. Non si può più essere liberi professionisti se non si è in grado di collaborare in maniera efficiente ed efficace con (molti) altri colleghi. Per farlo è naturalmente necessario destreggiarsi senza imbarazzi tra le moderne tecnologie di comunicazione.